martedì 16 maggio 2017

VITALITÀ: SVILUPPARE OPPORTUNITÀ FACENDO TUTT'ALTRO

"Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perché attendiamo?".
Cesare Pavese

Ci sono tanti modi di cercare: rispondendo agli annunci, andando di persona in azienda, nelle agenzie o in giro per la città,  costruendo relazioni, imbastendo dialoghi su Linkedin o Fb. E molto altro.
Ma dopo un po' che facciamo queste cose può finire la benzina, la voglia di fare. Ed è normale, sopratutto se non si ottengono risposte o le si raggiunge in modo parziale senza poi avere -alla fine- ciò per cui ci stiamo attivando così tanto: assunzione o nuove opportunità. Dopo un po' che proviamo senza risultati, oltre ai problemini che ho già trattato -fare le stesse cose, non cercare di differenziare la propria ricerca, non pensare ai desideri eccetera, eccetera, eccetera- si perde l'entusiasmo (se mai ce n'era prima) e ci si passivizza, viaggiando per inerzia da un sito ad un altro, da una risposta ad un'attesa, come sospesi in un limbo: dove pensiamo che la gratificazione arriverà quando troveremo e, fino ad allora, dovremo tirare la cinghia. Ma è giusto fermare la giostra di emozioni positive, di piaceri, posticipando? E' giusto pensare che le soddisfazioni personali sono altro dalla nostra ricerca o, che quando cerchiamo, si riducono allo spazio lavorativo?
Credo proprio di no, perché se smettiamo di gratificarci possiamo perdere, tra le tante cose, anche la forza necessaria utile a proattivarci. Dobbiamo quindi allenare la nostra Vitalità. 
Nell'ottica umanista la vitalità è la "sensazione di amore per la vita, energia fisica e psichica, che si trasmette nelle attività e nelle relazioni anche nei momenti più difficili dell’esistenza (Stanchieri 2008). E' Correlata alla positività, al fare piacevole, al realizzare per realizzarsi che da energia. Guardiamo alla gioia dei bambini quando fanno qualcosa che li appaga, quanta felicità, quanta vitalità nei loro gesti, nello stare assieme, nel fare. Stacchiamo la spina un attimo dalla nostra ricerca, e chiediamo a noi stessi: cosa ci piace fare? cosa ci rende felici? Cosa ci appaga? Perché non sono in antitesi con la nostra disoccupazione, con il nostro orientamento? 
Essere gratificati non vuol dire non fare fatica -cioè trovare qualcosa che dia solo piacere e basta- ma che c'è un qualcosa che perseguiamo con dedizione, perché ne traiamo una qualche forma di piacere, di felicità anche attraverso rinunce e fatiche (ad esempio: allenarsi per partecipare ad una maratona non sarà semplice e senza tribolazioni, però chi è mosso da questo tipo di gratificazioni troverà degli elementi appaganti: a partire dall'allenamento fino al traguardo della corsa vera e propria. Questo vale per lo studio, nell'organizzare viaggi, allenarsi, suonare, cucinare, fare bricolage, coltivare un orto e così via).
Ecco. Quello che voglio proporre è che prenderci cura di noi, pensare a cosa ci gratifica, partendo dagli hobbies per arrivare allo sport, prendere un caffè e riflettere, andare al cinema, leggere, giocare, fare yoga, qualunque attività che ci faccia sentire vivi e stimolati sarà importante anche per la nostra ricerca. A patto che sia sentita da noi come gratificante e che poi ci attivi (perché se non attiva, alla ricerca di opportunità non serve molto!). 
Queste azioni potranno dare forza, sopratutto se stimoleranno anche il nostro "saper fare" perché, se c'è una cosa che può essere gratificante e al contempo di stimolo, è la capacità di autorealizzarsi cioè di sentire che con le nostre "mani" (anche metaforicamente) realizziamo un qualcosa. Senza contare che attivandoci spesso si creano relazioni: sai quante persone trovano lavoro parlando in palestra, in spiaggia, condividendo un Hobbies ecc.?)
La vitalità è la quarta potenzialità che esprime concretamente la virtù del coraggio, e mi viene da accostarla a quella che viene definita una potenzialità di base, cioè, alla cura di sé. Come la intendeva Foucault, ovvero: "La cura di sé deve aiutare gli uomini a sanarsi dei loro vizi e difetti divenendo una sorta di strumento complementare dell'arte medica che persegue lo stesso fine della guarigione non solo dei mali fisici ma anche di quelli spirituali"<1>, va intesa -nel nostro approccio alla ricerca di lavoro- come un allenare la vitalità per prenderci cura di noi, per diventare più propositivi, stimolati, in una parola felici. Da qui a ricaduta nel nostro proattivarci nella ricerca.
Sembrerà banale ribadirlo, ma sarà importantissimo non dimenticare noi stessi, altrimenti potremmo privarci della possibilità di attingere a quella forza di base di cui necessitiamo nei momenti di difficoltà, come può essere la ricerca di lavoro. Essere vitali sarà dunque generativo e, facendo, costruiremo cose fuori e dentro di noi.
Cosa ti gratifica? Cosa ti ritempra? Scoprirlo potrà produrre vitalità prima di trovare, durante il lavoro...dopo....


<1> M. Foucault, L'ermeneutica del soggetto, cit., I Lezione del 20.01.1982 pp. 88-91 e cap. II.3 de La cura di sé, cit., pp 57-61.

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