mercoledì 13 febbraio 2013

TERZO PASSO. "COSA VOGLIO DIRE": IL TATTO NON E' SEMPRE COSI' CHIARO


Tempo fa, per alcuni corsi di formazione sulla comunicazione che dovevo tenere, preparai -tra le varie attività e riflessioni- anche un gioco finalizzato a dimostrare quanto è difficile recepire/trasmettere/tradurre le informazioni.
Al corso portai una scatola di vimini chiusa, con all'interno un pupazzo di peluche. Un volontario doveva toccare con mano il contenuto e descrivere alle altre persone presenti cosa sentiva, cercando ti indovinare cosa fosse presente nel contenitore. Volutamente passavo la scatola alla persona con molta delicatezza, lasciando -possibilmente- intendere che poteva esserci di tutto nel contenitore, anche qualcosa di vivo (mai dicendolo in modo esplicito); dichiarando che se voleva poteva anche non infilare la mano al suo interno. Questo fece si che, se le persone addentravano la mano, era con molta titubanza e, una volta percepito che dentro c'èra un qualcosa di morbido,  accadevano le seguenti cose: qualcuno sobbalzava -credendo di aver toccato un animale-; altri ridevano; c'era chi si buttava in interpretazioni un pò fantasiose; alcuni -poi- cercavano di descrivere la cosa ma con molta difficoltà.
Quello che cercavo di passare è che un messaggio (il contenuto) spesso viene frainteso per vari motivi (in questo caso, ad esempio, il mio modo di porre la scatola o il toccare con mano il contenuto senza poterlo vedere creava interpretazioni arbitrarie), di conseguenza: che non è così semplice comprendere a fondo la portata delle informazioni, anche quando sembrano chiare e semplici come il descrivere un oggetto dentro una scatola toccandolo solo con le mani.

In questo post vorrei trattare della difficoltà di comunicare se stessi (come professionisti). Anche su cose apparentemente chiare -almeno a noi stessi- come le nostre capacità, le motivazioni, gli interessi, le competenze può esserci fraintendimento e non ottenere l'efficacia sperata.
Perchè questo? Forse perchè, a volte, crediamo che il nostro interlocutore abbia presente ciò che profondamente vogliamo dire, lo diamo per scontato e non essendo così, poi, ne paghiamo il prezzo,  magari non venendo presi in considerazione nella selezione dell'impiego interessato. Proprio per questo motivo, in questo terzo passo, vorrei spingere a focalizzare cosa realmente e profondamente vogliamo comunicare nella nostra ricerca (il nostro contenuto), cercando le parole giuste -ovvero, efficaci!-. 
Se lo faremo sarà più facile essere compresi e, quindi, apprezzati e spendibili.

"COSA VOGLIO DIRE?"
L' obiettivo consiste nel definire i messaggi che vogliamo inviare, ricordando che i destinatari della nostra ricerca di lavoro sono interessati solo ad alcuni messaggi, perchè ogni target (bersaglio/azienda)  ha bisogno di un linguaggio accurato che trasmetta valori, bisogni, competenze specifiche. 

Per esempio.
Quando scriviamo ad un selezionatore x per candidarci per il ruolo di impiegato di una multinazionale farmaceutica -non conoscendo la persona- probabilmente dovremo utilizzare un certo grado di formalità fornendo informazioni sulle nostre competenze impiegatizie. Se, invece, ci proporremo in un negozio di giocattoli, potrà essere utile far venir fuori il nostro interesse per il settore, magari facendo capire la nostra capacità nel relazionarci sia con gli adulti che con i bambini. Se ci candideramo in una concessionaria di auto, in qualità di  meccanico, parleremo delle conoscenze tecniche x, degli aggiornamenti nel settore, ecc. Infine, -sempre per esempio- se andremo a proporci presso un ristorante di cucina orientale faremo capire i piatti che sappiamo cucinare del paese xxx ecc.
Ora, proviamo a “mischiare” le cose. Se andassimo dalla concessionaria a parlare di piatti orientali oppure nella multinazionale a dire quanto adoriamo i bambini forse non otterremo l'attenzione che avremmo sperato. Sembra strano, ma molto spesso facciamo un po' così, sovente -infatti- siamo un po' grossolani nel rispondere alle inserzioni non rendendoci conto che diciamo cose non sempre su “misura”. Cioè, capita di inviare i curriculum frettolosamente, senza badare al fatto che dove ci candidiamo le persone potrebbero necessitare di informazioni precise, mentre noi magari stiamo solo dicendo –e in modo standardizzato- cosa abbiamo fatto.
Dovremo quindi trasmettere il cv informando delle peculiarità che ci contraddistinguono a seconda di chi contattiamo, utilizzando un linguaggio chiaro ai nostri interlocutori. Se abbiamo interesse per il posto per il quale ci stiamo candidando diciamolo, e chiaramente.


Per concludere.
Il giochino presentato all'inizio del post, dimostrò quanto il tatto -che in genere usiamo meno di altri sensi- non fosse spesso in grado di fornire informazioni adeguate nel riconoscere l'oggetto "peluche". Non individuandolo, poi, subentrava paura (più volte mi fu chiesto, scherzosamente: "non ci sarà mica un serpente in quella scatola?".., era una domanda posta simpaticamente, quasi per essere rassicurati che non vi fosse. Il mio annuire con sorriso creava ancora di più il sospetto che, invece, potesse esserci veramente n.d.r.<1> ) e pertanto la comunicazione era già inficiata in partenza.
 

Se vogliamo comunicare per una nostra possibile candidatura dovremo quindi cercare di non spaventare, confondere o essere grossolani. Dovremo inviare messaggi chiari, sintetici e precisi.
A presto!

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1> Sulle dinamiche della comunicazione ed i suoi paradossi si veda G.Bateson, Verso un ecologia della mente, Adelphi, 1977. In particolare il tema del doppio legame,  paradosso per cui il segnale comunicativo diventa contradditorio.

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